22 Marzo, ore 11.30
I mari dell’Antropocene
Il termine “Antropocene” indica l’epoca geologica attuale, nella quale l’essere umano e la sua attività rappresentano la causa principale delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche del Pianeta. Il termine deriva dal greco anthropos, che significa uomo, e almeno inizialmente non sostituiva il termine corrente usato per l’epoca geologica attuale, Olocene, ma serviva semplicemente ad indicare l’impatto che l’Homo sapiens ha sull’equilibrio del pianeta. Negli ultimi 10 anni le organizzazioni internazionali dei geologi stanno considerando l’adozione del termine Antropocene per indicare appunto una nuova epoca geologica in base a precise considerazioni stratigrafiche. Fu il geologo italiano Antonio Stoppani a scrivere per primo nel 1873 che l’attività umana rappresentava una nuova forza tellurica e proporre il termine di era antropozoica.
Mentre il pervasivo impatto delle attività antropiche sulla terra ferma e nelle aree costiere è sotto gli occhi di chiunque, o almeno di chiunque non voglia tenere gli occhi chiusi, ciò che la nostra specie sta facendo alle aree marine è assai meno chiaro ed evidente. La relazione presenterà e discuterà quindi tre aspetti relativi all’impatto antropico in aree marine: 1. Gli effetti che le alterazioni del ciclo dell’acqua sulle terre emerse (anche attraverso le deforestazioni, la costruzione di dighe e la diversioni di fiumi) hanno sulle aree costiere da almeno 2000 anni e con una evidente accelerazione negli ultimi 50; 2. La circolazione marina degli oceani e le sue alterazioni a causa del riscaldamento globale, tra cui la possibile interruzione dei “motori freddi” del Mediterraneo (le aree di formazione di acque fredde e quindi più dense che trasportano ossigeno e nutrienti fino alle massime profondità del bacino); e 3. Le nuove forme di inquinamento dell’acqua e dei fondali oceanici che includono gli impatti della pesca a strascico, il “ghost fishing”, l’uso dei fondali come discariche di ordigni bellici o residui chimici, l’apporto di inquinanti solidi dai fiumi, le “isole di plastica” e le perdite di idrocarburi da piattaforme di estrazione o da nave.
Sull’oceano e i suoi fondali la nostra società sta già prendendo importanti (a volte fatali) decisioni ma lo fa in condizioni di scarsa o nulla conoscenza del contesto. Questa è una differenza fondamentale rispetto a quanto sta avvenendo sulle terre emerse dove gruppi di cittadini, portatori di interesse e istituzioni possono dialogare per far emergere problemi e trovare soluzioni locali. Chi sono i “portatori di interesse” sul mare?
CNR – Dipartimento di Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente
Direttore del Dipartimento di Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del CNR dal giugno 2017 dopo aver diretto per otto anni l’Istituto di Scienze Marine di Venezia, è geologo marino interessato allo studio dell’evoluzione dei margini continentali (dalle aree costiere agli abissi e dalle aree polari alle medie latitudini).
Ha partecipato a oltre 40 crociere di ricerca in Antartide, Oceano Pacifico e Mediterraneo, scritto oltre 150 articoli su riviste scientifiche internazionali e fatto parte dei Comitati Editoriali di Marine Geology, Geo-Marine Letters e Geology per vari anni. Ha partecipato a numerosi progetti europei tra cui ha coordinato Eurodelta e coordina Bluemed. Ha insegnato geologia dei margini continentali all’Università di Bologna e seguito numerosi studenti nel loro lavoro di Tesi e di Dottorato di Ricerca.